Foibe

foto: adnkronos “L’unico modo che la storia terribile del ‘900 ha saputo escogitare per fermare i conflitti nazionali in Europa è stato quello di distruggere la complessità, la pluralità di lingue e di culture che costituivano una delle grandi ricchezze dell’Europa centrale”. Questa è l’amara conclusione cui giunge il professor Raoul Pupo, docente di Storia contemporanea all’università di Trieste, uno dei massimi studiosi di quelle complesse vicende.
L’ANPI celebra il Giorno del Ricordo per rendere omaggio alle vittime  del dramma delle foibe e dell’esodo di migliaia di italiani giuliani nell’immediato dopoguerra, dopo la firma a Parigi del trattato di pace, le cui condizioni furono il caro prezzo, pagato dall’Italia, condotta dal fascismo alla sconfitta.
Molto complessa è l’analisi delle ragioni storiche che portarono il nuovo potere yugoslavo, preso dai partigiani titini, a scatenare un’ondata di violenze, persecuzioni, uccisioni, deportazioni ed espulsioni nei confronti degli italiani dell’Istria e della Dalmazia e di tutti coloro che non accettavano il nuovo regime, fossero italiani o croati o sloveni. Sugli italiani vennero fatte pressioni fortissime, tanto da provocare l’esodo di massa di un intero gruppo nazionale autoctono. Le foibe, nel cui nome si comprendono tutte le uccisioni avvenute a partire dal 1943, furono il più terribile degli strumenti di tale pressione. La tragedia delle stragi e dell’esodo, il dramma della distruzione della complessità che in quelle terre “meticce” esisteva da secoli, furono la conclusione di un lungo processo storico, nel quale gravi furono anche le responsabilità dell’Italia fascista.Negli ultimi decenni dell’Ottocento, sotto l’impero asburgico, il potere degli italiani a Trieste e in Istria venne eroso dalla nuova classe dirigente slava, fortemente nazionalista, favorendo così il fenomeno dell’irredentismo italiano. Il fascismo cercò poi “italianizzare” quelle terre negando la possibilità di esistenza della cultura slava. Dopo l’armistizio del 1943, la  popolazione slava insorse in armi chiedendo l’annessione alla Yugoslavia e reprimendo duramente tutti coloro che non solo avevano affiancato il fascismo, ma anche chi lo aveva combattuto,  sotto bandiere diverse da quelle del movimento di liberazione titino.
Oggi, con il 10 febbraio celebriamo il ricordo di quel tragico passato anche perché non si commettano di nuovo gli stessi errori. Lungo quelle che ormai, con l’allargamento dell’Unione Europea, stanno cessando di essere frontiere, sopravvivono ancora spiragli di pluralità, in Italia come in Istria e Dalmazia, e sopravvivono anche nella realtà riscoperta, dopo un lungo oblio, della tragedia degli esuli.
L’Anpi celebra appieno questa giornata considerando la pluralità etnica e culturale della nostra Europa non come un nemico da cui continuare a difendersi, con risposte razziste e  xenofobe o con il ritorno ad ideologie neofasciste, ma come straordinaria occasione di confronto e di crescita, plurale e democratica.

Associazione Nazionale Partigiani d’Italia – Comitato Provinciale di Cremona

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