1948 – 2018: 70° della Costituzione italiana – 10

Distinzione dei poteri e garanzie contro possibili stravolgimenti

La Costituzione del 1948 caratterizza lo Stato italiano come repubblica parlamentare. Il potere primario è quello del Parlamento essendo questo eletto da tutti i cittadini e quindi di essi rappresentativo (finalmente di tutti poiché dal 1946 votano donne e uomini). Deputati e senatori sono il potere legislativo, sono determinanti per il Governo attraverso il voto di fiducia, eleggono il Presidente della Repubblica.

Il potere del Parlamento e della maggioranza che regge il Governo non è assoluto.  Parlamento, Governo, maggioranza politica devono stare nei limiti previsti dalla Costituzione ed agire con procedure, regole, pesi e contrappesi che salvaguardano i diritti fondamentali delle persone e dei vari soggetti sociali ed in particolare delle minoranze. In parallelo si sono ripristinati e poi negli anni rafforzati i poteri democratici locali.

Il Presidente della Repubblica ha una serie di prerogative ben elencate: soprattutto di rappresentanza nazionale, di garanzia, di equilibrio. È lui che dà l’incarico di formare il Governo, questo però deve avere la fiducia del Parlamento. Questa è l’architettura dello Stato democratico, completata dalla Magistratura: art 101: “La giustizia è amministrata in nome del popolo. I giudici sono soggetti soltanto alla legge”. Art. 104: “La magistratura costituisce un ordine autonomo e indipendente da ogni altro potere”… e non ci possono essere giudici straordinari o speciali (art 102).

Il superamento dello Statuto albertino è nettissimo.

Clausole ben definite di garanzia sono poste a riparo da stravolgimenti e modifiche non ben soppesate. Per modifiche costituzionali si  prescrivono particolari procedure: doppia votazione, maggioranze qualificate, eventuali referendum popolari.

Altra fondamentale garanzia è la Corte costituzionale, che deve garantire circa la coerenza delle leggi con la Costituzione e può annullare normative quando giudicate con essa contrastanti.

Nella Costituzione si confermano naturalmente alcuni princìpi già affermati nello Statuto albertino in materia di libertà, diritti e garanzie individuali ecc… Ora però gli stessi, oltre che adeguatamente aggiornati ed ampliati, vengono ben specificati. Un solo esempio: l’art 24 dello Statuto albertino diceva che tutti i “regnicoli” sono uguali davanti alla legge. Ma nella realtà questa affermazione generale da una parte poteva essere contraddetta e lo fu, dall’altra lasciava intatte antiche clamorose disuguaglianze, a partire da quelle riguardanti le donne. Le donne, cittadine e quindi eguali in teoria, però non potevano votare, erano loro interdette molte professioni, erano soggette alla potestà maritale, i maschi avevano privilegi ereditari, uno stesso reato poteva essere punito o no a seconda se a commetterlo era una donna o un uomo… La Costituzione dice all’art 3 che siamo eguali davanti alla legge ed abbiamo pari dignità sociale e chiarisce bene: “senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”. Ciò ha permesso di andare avanti su questo terreno anche se molto resta ancora da fare.

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1. Lo Statuto di Carlo Alberto e la sua vicenda storica
2. La Costituzione della Repubblica Romana ed i primi articoli di Carlo Alberto
3. Sulla separazione dei poteri un limite che avrà gravi conseguenze
4. Pochissimi hanno diritto di voto per la Camera
5. Gli strappi allo Statuto (fino al 1922)
6. Il re connivente con le violazioni statutarie del fascismo
7. Leggi razziali, dichiarazione di guerra e poi la Resistenza
8. Nella Resistenza e nei CLN le radici della Costituzione
9. Il superamento della monarchia e dello Statuto non era scontato

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