La Grande guerra e il processo di Pradamano

Ha avuto luogo venerdì 16 novembre nella sala conferenze del Filo (g.c.) l’annunciato incontro con l’autore del libro “Guerra alla guerra”, Ugo De Grandis. Incontro organizzato dall’ANPI con l’Eco del popolo e Società Filodrammatica.

Il libro riporta per la prima volta in modo completo e documentatissimo la storia del processo di Pradamano del 1917, durante la Grande guerra. Ha presentato l’autore il presidente ANPI prof Gian Carlo Corada fornendo un quadro d’insieme sui motivi per i quali, interpretando la maggioranza della popolazione, i socialisti si opposero prima all’entrata in guerra e poi rivendicarono sempre di trovare la strada per pace (così come molti cattolici). Ciò venne interpretato dal governo e da un generale come Cadorna come disfattismo e tradimento: da qui quel processo nel quale un tribunale militare giudicò e condannò dei giovani socialisti solo perché parlavano di pace e di fine della guerra, senza aver commesso alcuna infrazione. Molti di loro erano anche nelle trincee.

De Grandis è poi entrato nel merito della vicenda. Essa parte dalla lettera di un operaio socialista di Schio, Pietro Pietrobelli, che scrive al fratello dal fronte su questi argomenti. Da qui una trafila di indagini dei Regi Carabinieri (saranno più di 500 le perquisizioni quando si arriverà al processo) che rivelano contatti in genere epistolari tra giovani socialisti, anche dirigenti di circoli, di varie parti d’Italia: da Schio a Vicenza, Palermo, Messina… Di tutti, molti di grande spessore umano e politico allora ed in seguito, De Grandis dà essenziali notizie.

Le indagini porteranno a 52 incriminati di cui 35 rinviati effettivamente a giudizio. Arrestati ed in manette sono tradotti a Pradamano dove il processo si svolge nel luglio e agosto 1917. Nel gruppo vi sono 7 cremonesi: il segretario dei giovani socialisti di Cremona, Tarquinio Pozzoli, il giovanissimo Dante Bernamonti, l’impiegato Giovanni Sidoli, il marmista Ernesto Morandi, l’operaio Attilio Ferrari, il fonditore Alfredo Chiari, il ragioniere Ezio Pedraneschi. Nel libro si descrive per filo e per segno la vicenda processuale nel complesso e per ciascuno.

Cadorna avrebbe voluto qualche “esemplare” condanna a morte o all’ergastolo militare, il partito socialista mise a disposizione un collegio di difesa di grande valore (ricomprendente anche un avvocato interventista), di livello nazionale come di quel livello era il processo. Nessuna delle pene, pur pesanti, fu capitale. Andarono comunque tutti in penitenziari durissimi: il futuro sindaco di Cremona, Pozzoli, a Portolongone, altri a Volterra, Gaeta, Fenestrelle, Civitavecchia… Alfredo Bologna di Schio vi morì. Dall’estate del 1917 uscirono da quelle orribili carceri con l’amnistia del 1919. Pozzoli, invalido di guerra per una tbc aggravata dai gas in trincea, morirà non molti anni dopo.

De Grandis ha anche tratteggiato le successive importanti vicende di molti di loro. Tra loro Dante Bernamonti che sarà prima al confino da antifascista poi nella Resistenza e sarà eletto alla Assemblea Costituente nel 1946.

(g.a.)

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