Deo Tonani, Sergio Rapuzzi e gli altri caduti del Colle del Lys

Oggi siamo qui per ricordare il sacrificio di Deo Tonani, comandante della brigata garibaldina Felice Cima al quale è intitolata questa strada, e Sergio Rapuzzi, suo vice, entrambi medaglia d’argento al valor militare.
Erano tanti i cremonesi sulle montagne della Val di Susa, fra loro c’era anche Enrico Fogliazza, il partigiano Kiro, commissario politico della brigata. Pucci e Deo furono colpiti il 29 marzo del 1945.Ma poco più di due mesi prima, il 23 gennaio, sempre in Val di Susa, era toccato a Leonida Panni nome di battaglia “Leo”, Attilio Novasconi “Barbarossa” e Rosolino Righetti “Nando”, catturati dai fascisti durante un attacco improvviso. Leo aveva 18 anni e, poiché si era rifiutato di rivelare dove si trovassero i nascondigli dove erano custoditi i viveri dei partigiani, venne ucciso a colpi di tacco dei suoi stessi scarponi, come raccontarono i contadini che avevano assistito. Nando, padre di due bimbi e considerato militante antifascista di vecchia data – visto che aveva ben 35 anni! – venne fucilato.
Barbarossa, che si era rifiutato, secondo testimonianze, di rinnegare la lotta partigiana, venne ritrovato giorni più tardi in una scarpata ucciso da raffiche di mitra.
Ancora prima, il 2 luglio del ‘44, su quelle montagne, erano stati trucidati Edoardo Boccalini, Giampaolo Conca, Benito Faleschini, Franco Scala ed Alfredo Zaniboni. Ogni anno, la prima domenica di luglio, quella strage viene ricordata su al Col del Lys con una bellissima cerimonia nella quale i caduti cremonesi hanno un posto particolare, come lo hanno nel cuore degli abitanti di quelle valli. Ed anche i cremonesi di oggi, che si recano lì in quella giornata, vengono accolti con un calore ed una gratitudine particolari perché in Val di Susa i “ragazzi di Cremona”, come li chiamano, non sono stati dimenticati.

Poi, la mattina del 29 marzo 1945, esattamente 70 anni fa, accade ancora: c’è una fitta nebbia quel giorno ed è ancora l’alba.
I fascisti e i tedeschi ne approfittano per cogliere di sorpresa i distaccamenti partigiani dislocati nella valle di Rubiana.
Quando i partigiani se ne accorgono è troppo tardi, ma reagiscono ugualmente. Sergio Rapuzzi “Pucci”, 18 anni, vicecomandante della brigata, cerca di tenere lontano il nemico per consentire ai compagni di organizzarsi o allontanarsi. Spara all’impazzata, ma viene colpito a morte, al ventre, da una pallottola dirompente. La reazione del suo 21enne comandante Deo Tonani è immediata: senza pensarci su scatta in avanti per soccorrere il “piccolo” Pucci, o forse per non lasciarlo morire da solo e raccogliere il suo ultimo respiro, con la pietà e l’amore di un fratello maggiore, perché in quel momento non sono più un comandante ed il suo vice, ma due ragazzi che hanno in comune un bell’ideale ed un tragico destino.
Infatti anche Deo viene colpito gravemente, mentre cerca inutilmente di soccorrere Pucci, e morirà poche ore dopo con sulle labbra due parole “mamma” e “garibaldini”.
Solo due giorni più tardi i compagni, con il cuore gonfio di dolore, scrissero questo comunicato:

31 marzo 1945

Patrioti della valle di Rubiana, abbiamo reso gli ultimi onori ai nostri compagni che ora non sono più, essi hanno vissuto con noi la dura vita dei monti, la dura vita di guerra, sono morti combattendo per la causa santa della libertà dello sventurato popolo della nostra terra d’Italia.
Portavano chiuso nel loro giovane cuore un nome grande, un ideale vasto, un amore profondo per la nostra grande madre comune, l’Italia.
Sono morti nel fiore della giovinezza, quando più bella dovrebbe essere la vita ed invece li ha accolti la morte.
Gente di Favella e della valle di Rubiana, voi li avete visti passare sorridenti e felici davanti alle vostre case o quando eravate al lavoro nei campi, ma ora non passeranno più.
Garibaldini, solo due giorni fa erano ancora vivi in mezzo a noi, poi lassù vennero i barbari, i traditori della Patria, i miserabili, i traviati nostri fratelli per rapirci questi nostri compagni di vita e di lotta.
Ora di loro rimane solo un corpo martoriato da affidare alla maestà della morte.
Compagni, noi giuriamo sulla vostra tomba che non cesseremo di lottare finché nel cielo della nostra Patria non brilli il sole della libertà e della pace.

I compagni

Noi facciamo nostra questa promessa ed oggi, a 70 anni da quegli avvenimenti, siamo qui a ricordare questi giovani straordinari così lontani da noi nel tempo ma così vicini al nostro cuore.
Potrei ricordarvi ancora una volta i loro ideali, le loro speranze, i loro sogni e il sacrificio della vita fatto per assicurare a noi qui e oggi un Paese giusto, solidale e in pace.
Ma credo che i loro volti e le loro storie parlino da soli.
A noi spetta il compito di conservare e difendere quello che hanno conquistato: la libertà e la democrazia, fondamenta della nostra Costituzione ANTIFASCISTA nata dalla Resistenza.
II 25 aprile, nel 70esimo anniversario della Lotta di Liberazione li porteremo con noi, in corteo, tutti insieme, terremo in mano l’immagine dei loro bei volti per dimostrare che non li abbiamo dimenticati.

Mariella Laudadio
presidente Anpi provincia di Cremona

Commenti chiusi.