L’intervento della presidente provinciale dell’ANPI, Mariella Laudadio, in nome delle associazioni partigiane
Oggi è una giornata di festa e di gioia. È il compleanno della libertà.
70 anni fa ebbe termine la lotta di liberazione dal nazifascismo, finì una guerra criminale, decisa da criminali, e insieme finì un regime che in vent’anni aveva rimesso in discussione, anche con le leggi razziali, i sentimenti più sacri dell’animo umano: la solidarietà, la compassione, il rispetto per la vita altrui.
La lotta è stata lunga: la Resistenza armata è durata venti lunghi mesi ed è stata preceduta da 20 anni di Resistenza silenziosa di tanti antifascisti che, se scoperti, hanno pagato con il carcere o la morte.E fu anche grazie a quegli uomini e quelle donne che i partigiani il 25 aprile del ’45 poterono far sì che il nostre Paese martoriato si rialzasse in una sorta di pasqua laica di resurrezione; operai, intellettuali, borghesi, antifascisti storici e giovani studenti, militari e contadini; persone diverse per storia personale, per cultura, per condizione sociale; comunisti, socialisti, cattolici, monarchici, liberali.
E donne, tante donne delle quali si parla solo come di appendici degli uomini, ma furono 35.000 le donne che fecero la Resistenza, e tante di loro furono catturate, torturate, fucilate.
Tutti insieme presero le armi, e la violenza, frutto di un ventennio in cui si era seminato odio, divenne, allora sì, una tragica necessità.
E non fu lotta di popolo questa? Lotta nella quale tutto il popolo era rappresentato, quel popolo le cui speranze e i cui ideali servirono per scrivere la nostra Costituzione democratica ed antifascista.
Lì, su quelle montagne e in quelle valli, molti diventarono quello che non avevano potuto essere fino a quel momento: diventarono uomini liberi e donne libere.
Per questo oggi portiamo con noi le foto dei nostri martiri, per averli tangibilmente vicini, per ricordare a tutti ed a noi stessi che non li abbiamo dimenticati, come non abbiamo dimenticato il loro impegno per la dignità dell’uomo nel lavoro, nella solidarietà, nella pace; la loro aspirazione alla libertà, al libero pensiero ed alla libera azione, istinti insopprimibili nel cuore dell’uomo e della donna.
Rechiamoci nei luoghi dove hanno combattuto e sono morti, Calamandrei lo raccomandava ai giovani ma tutti dovremmo farlo, luoghi di cui anche la nostra città è ricca, quelli che potremmo chiamare i luoghi della memoria – ma facciamo soprattutto del nostro cuore e della nostra mente il nostro luogo della memoria, per non lasciare che il ricordo, e l’esempio, si allontani fino a sbiadire.
Teniamoci stretto quello che loro hanno conquistato: l’impegno che dobbiamo assumere, e non lo diciamo mai abbastanza, deve essere oggi per la difesa dei diritti civili, contro le ingiustizie e le discriminazioni, contro il risorgente neofascismo, che porta con sé il disprezzo per ogni diversità.
Battiamoci per contrastare la povertà che tocca fasce sempre più larghe della popolazione, perché noi riempiamo i nostri discorsi di retorica sulla libertà: ma come può essere libero chi è povero, come può conservare la dignità chi non ha lavoro?
Combattiamo ogni giorno per riconfermare i valori fondanti della Costituzione, ce n’è un gran bisogno, perché quando si emargina un immigrato, quando si umilia o si fa violenza a una donna, ad un bambino, ad un disabile, ad un omosessuale, quando si commette un’ingiustizia, è allora che si nega la Costituzione. Ed anche quando si toglie il lavoro, quando si rubano i soldi pubblici, quando si calpesta la dignità di chi non può difendersi.
Proviamo a chiederci, ogni tanto, se abbiamo rispettato il mandato che i nostri martiri ci hanno lasciato, se lo abbiamo rispettato NOI, i cittadini, non i politici, perché in democrazia sono i cittadini i depositari dell’agire politico; assumiamoci la responsabilità di ciò che, attraverso di noi ed in nostro nome, è stato fatto e più ancora di quello che NON è stato fatto.
Non cerchiamo le risposte alle nostre domande sempre negli altri, cerchiamole in noi stessi
Ed a proposito di responsabilità:
Noi siamo qui oggi con i palloncini, le nostre bandiere, i colori della primavera, con i nostri amici in una giornata di festa.
Eppure c’è in noi un dolore che spacca l’anima, una pena profonda per la nostra impotenza di fronte alla morte che domina il bel mare delle nostre vacanze. Migliaia di nostri fratelli cercano oggi quella stessa libertà per la quale sono morti i nostri partigiani. Ed anche loro la cercano a prezzo della vita.
Che risposte diamo noi, NOI, non la politica, non le istituzioni, non le forze di polizia, ma noi cittadini, che risposte diamo a tanto dolore? Indifferenza? O peggio?
Anche tanti italiani sono in grande difficoltà, la tentazione di pensare ciascuno a se stesso è grande; a volte rinunciare a qualche diritto sembra il male minore per migliorare la propria condizione individuale.
E risorgono vecchie logiche e vecchie e funeste ideologie neofasciste, xenofobe, razziste.
Teniamole lontane, contrastiamole con la forza dei nostri ideali, perché con la storia non si scherza e non la si piega ai nostri desideri.
La lotta di Liberazione fu un movimento collettivo, somma di tante scelte individuali di donne e uomini comuni che si impegnarono per affermare i principi di libertà ed indipendenza a fronte di sofferenze e, spesso, fino al sacrificio personale. I protagonisti di quelle esperienze fondative della Repubblica meritano riconoscimento, così come la loro memoria è degna per essere trasmessa alle nuove generazioni, insieme ai valori e ai principi della Carta Costituzionale.
Quando questa giornata sarà finita sarebbe bello che si fosse tutti più consapevoli, più determinati, in una parola: più cittadini, per amore dell’Italia. Perché bisogna amarlo, il nostro Paese, cercando di migliorarlo attraverso i nostri sforzi ed i nostri piccoli o grandi sacrifici.
Amiamolo come lo hanno amato, fino a morirne, i nostri partigiani.
Viva il 25 aprile
Viva l’Italia democratica e antifascista
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