Lettera al Direttore de La Provincia
Signor Direttore,
vorrei esprimere approvazione e consenso alla scelta del giornale ed al lavoro di Barbara Caffi con la pubblicazione di documenti relativi alla famigerata Villa Merli, sede dell’UPI. Ogni documento e testimonianza è importante, comunque poi ognuno ne valuti i contenuti, per avere memoria il più vicina possibile alla verità storica. Non va certo dimenticata la storia della Repubblica di Salò e dei suoi padroni occupanti tedeschi, con i loro crimini, tra i quali quelli commessi nelle “ville tristi” dell’UPI, una era la villa Merli di Cremona, presenti in ogni città.
Leggo oggi una incredibile lettera di un fascista cremonese sull’argomento: egli minimizza, nega l’evidenza, giustifica, paragona i resistenti antifascisti arrestati e seviziati a Cremona con terroristi o loro complici, paragona i metodi degli sgherri dell’UPI a quelli della magistratura italiana attuale quando interrogava i sospetti negli anni di piombo. Invito questi negazionisti a leggere i resoconti dei processi, aprile ’46, ai responsabili di Villa Merli per rendersi conto di quella realtà. Basterebbe anche solo la testimonianza diretta della sorella del fucilato Renato Campi quando riferisce che Renato si augurava di morire subito piuttosto di continuare a subire quanto gli stavano facendo (di cui il suo corpo recava tracce eloquenti).Ritengo poi intollerabile che si offenda e si insulti la memoria di Piero Borelli, come si fa nella stessa lettera con l’epiteto di “doppiogiochista”! È già stato scritto, detto e pubblicamente e documentato che Borelli fu un partigiano garibaldino – nome di battaglia “Alessio” – al quale era stato affidato il rischiosissimo compito di captare informazioni al nemico fascista e passarle al CLN. Quando finirà questo andazzo di infangare impunemente la Resistenza approfittando della libertà che quegli eroi conquistarono anche per chi oggi li offende?
Vorrei, infine, fare una osservazione relativa al titolo del paginone in oggetto: “Il dossier che doveva essere rimosso dalla Storia – Con l’amnistia Togliatti del 22 giugno 1946 andava distrutto ciò che riguardava i crimini fascisti. Ma c’è chi non ubbidì”. Detto così sembra che il decreto n. 4 del 22.6.1946 disponga in modo esplicito o implicito di distruggere documenti. Naturalmente non è così, l’ho voluto persino rileggere, insieme alla relazione del ministro Togliatti (che non era così lassista come poi l’amnistia fu effettivamente applicata… ma questa è un’altra storia). Dunque va chiarito che chi non distrusse quei documenti di Villa Merli non disubbidì certo al decreto Togliatti o a chi per esso. Forse disubbidì a qualche superiore repubblichino o ex che nei giorni successivi alla Liberazione ordinava di farlo, come avveniva in tantissimi uffici con falò di code di paglia, o ebbe altre motivazioni che non conosciamo.
È comunque meritorio che questi documenti esistano e vengano fatti conoscere, come voi state facendo.
Giuseppe Azzoni
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