Libertà, giustizia, fraternità

Il saluto di Gian Carlo Corada

Siamo qui per rendere un caro saluto, sincero e doveroso omaggio a Kiro Fogliazza. Troppo note sono le vicende della sua vita, esposte in convegni, tavole rotonde, incontri pubblici – coi ragazzi, soprattutto – su cui non mi soffermo.
Voglio invece brevemente porre il problema del senso che ha per noi questa sua vita, che cosa ci lascia una esistenza così.
Sono sicuro che Kiro vorrebbe che si riflettesse su questo – lui che anche nell’ultimo libro parlava di “rendiconto”, di “consuntivo” – convinto com’era che la cosa più importante fosse raccontare e spiegare ai giovani e ottimista com’era sull’utilità anche delle sconfitte per migliorare ed andare avanti.Che cosa ci ha lasciato, dunque?
Prima di tutto proprio questo: l’ottimismo. Sia nelle vicende di tutti i giorni, affrontate spesso con il sorriso sulle labbra, sia su di un piano più generale, sul senso della vita, dell’impegno pubblico e delle sorti del paese e della politica, ove bisogna tornare – diceva – a mettere prima l’interesse generale di quello particolare.
Poi ci ha lasciato la convinzione che il rispetto per tutti e le idee di tutti è importante. Kiro è sempre stato rispettoso delle opinioni altrui. Fermo nelle proprie – e rispettoso delle altrui. Frequentava persone le più diverse, si confrontava con tutti e si sforzava di trovare una parte di verità anche nei ragionamenti più lontani.
E questo era per il grande amore che aveva per la libertà, il valore che considerava più grande fra quelli ereditati dalla Rivoluzione francese, dal movimento operaio e dalla Resistenza. Anche ni confronti della giustizia, altro grande valore, perché senza libertà la giustizia non funziona.
Libertà, giustizia e fraternità, che traduceva nel grande amore per gli altri, nella compassione – “soffrire con gli altri” – per i più deboli.
Valori, però, vissuti non ideologicamente ma, mi verrebbe da dire, “esistenzialmente”.
Che cosa resta oggi di tutto ciò? Di questi valori vissuti così intensamente?
È questo il cruccio grosso che anima gli spiriti pensosi del nostro tempo. La domanda che si pone chi ha tanto dato di sé, ha visto morire o ferire amici, ha ricevuto e procurato dolore.
È servito? La società che ci circonda è conforme a ciò per cui mi sono battuto?
Kiro avrebbe risposto senza esitare di sì, che è servito. La società che ci circonda non è conforme ma è meglio di prima. La corruzione e il malcostume ci fanno soffrire, i princìpi costituzionali non sono attuati, il lavoro non c’è, le pensioni sono basse. Ma siamo in Democrazia. E questo siamo portati a darlo per scontato, ma nulla è scontato. È una conquista! Con qualche limite e anche qualche tradimento, la nostra Rebubblica ha dato vita ad una delle Costituzioni più significative ed avanzate del mondo. Vi sono le premesse per andare avanti!
Questo a me pare l’insegnamento forse più importante. Che introduce anche una corretta prospettiva storica. E soprattutto a non perdersi d’animo, in tempi come i nostri.
Quindi, ecco l’insegnamento da trarre, il “senso” della storia di una vita. Che cosa resta? L’invito al fare. La sicurezza di alcuni valori. L’esempio di una vita ben vissuta; “kalòs kagathòs”, direbbero gli antichi.
L’esempio di un combattente, di chi riteneva che perdere una battaglia senza averla combattuta, per sfiducia o depressione, è persino peggio di una sconfitta, che può  insegnare e da cui ci si può riprendere.
Grazie, Kiro, per le cose che hai fatto e per quelle che hai detto. Per l’insegnamento che hai dato e l’esempio offerto. Ci stringiamo, nel dolore, ai figli ed ai parenti. Sia di consilazione l’affetto di tanti ed il ricordo nel futuro. A te, Kiro, che il riposo sia sereno e lieve.

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