25 aprile 2005 – 60° anniversario della Liberazione – Cremona Intervento di Mario Coppetti, presidente dell’ANPI provinciale
Autorità, cittadini cremonesi,
è ancora ben vivo in me il ricordo di quei giorni di fine aprile del 1945 quando i soldati americani arrivarono a Cremona accolti dal tripudio della popolazione in festa. Quei giorni ci portavano la libertà così faticosamente e dolorosamente conquistata, per la quale i partigiani italiani avevano efficacemente collaborato.
Giornata di festa dove liberamente esplodevano sentimenti – per oltre 20 anni repressi – di speranza per un avvenire migliore. Davanti al paese distrutto nelle comunicazioni, nelle industrie, nelle case, davanti a cumuli di macerie, i governi – con l’attiva partecipazione e con l’impegno degli uomini che tanto avevano lottato durante il regime fascista e durante la guerra, con l’aiuto di tutto il popolo – fecero sì che in pochi anni l’Italia poté risollevarsi e divenire uno dei paesi più importanti nel mondo.
Purtroppo, lungo questo impegnativo cammino, in un mondo in cui sempre più trionfa il tecnicismo, in cui tutto si monetizza, sono andati man mano affievolendosi o disperdendosi la passione ideale ed i valori etici.
Oggi come non mai abbiamo perciò bisogno di persone disinteressate volte a impegnarsi con passione in politica il cui scopo non sia quello della conquista del potere ma quello di lavorare per un paese più giusto dove tutti si sentano partecipi della stessa famiglia.
Per realizzare quella società che era nelle aspirazioni dei combattenti della Resistenza, abbiamo bisogno che un rinnovato spirito etico e morale torni ad animare chi si impegna in politica.
Per vincere il clima di indifferenza e di rilassamento morale di sconforto che aleggia nella società attuale, è necessario come non mai che i giovani si impegnino in politica, si interessino dei grandi problemi che stanno davanti a loro – da quelli dell’ambiente in continuo degrado a quello dell’incontrollata esplosione demografica, a quello dei rapporti con altri paesi ed altre religioni. Essi devono convincersi che la società in cui viviamo è come noi la facciamo.
Io ho sempre sostenuto che il 25 aprile deve essere la festa di tutti. Noi ricordiamo oggi la fine della guerra, la riconquista dell’indipendenza e della libertà, la fine di tante, troppe sofferenze. La politica deve rimanere fuori. Ma oggi c’è un punto sul quale, in quanto uno dei pochi sopravvissuti di quel tempo, non posso tacere. Se tacessi, mi sembrerebbe di tradire gli amici, i compagni che sono morti.
Tutti i democratici, la Resistenza, la coscienza del popolo italiano non possono che opporsi con tutta la loro forza, con sdegno, al disegno di legge approvata in commissione difesa del Senato per il riconoscimento della qualifica di militari belligeranti a chi ha prestato servizio militare nella Repubblica di Salò. È un’offesa, un insulto a tutta la Resistenza mettere sullo stesso piano oppressi e oppressori.
Nessuno può chiedere a noi di riconoscere che non c’era nessuna differenza fra coloro che combattevano contro il nazifascismo e chi combatteva in favore, perché da una parte si combatteva per la servitù e dall’altra per la libertà.
Oggi, a distanza di 60 anni dalla fine della guerra, in questo giorno di festa – che ci ricorda il giorno in cui la bandiera tricolore venne issata là in alto sulla cima della nostra grande torre in segno di gioia per la riconquistata libertà – dobbiamo sentirci tutti uniti in quel festoso ricordo, sentire tutti partecipi della stessa comunità, della stessa Patria e lavorare ben il bene comune.
Ma nella nostra gioia non possiamo però non rivolgere un pensiero a tutti quegli uomini che hanno lottato per 20 anni contro la dittatura, che hanno combattuto contro l’insensata ideologia fascista e nazista, ai tanti che per queste idee sono morti e hanno patito terribili sofferenze, delle quali non può rendersi conto chi quel tempo non l’ha vissuto.
Non si uccidono milioni di creature senza ferire l’umanità tutta, non si massacrano centinaia di migliaia di donne e bambini senza spargere una fredda ventata di paura in tutte le case del mondo.
Ed allora, cari cittadini, lasciate a me che quei tempi ho vissuto e che qui quasi certamente per l’ultima volta li ricordo, rivolgere un affettuoso pensiero a tutti quelli che diedero la vita per la nostra libertà. Lasciate che ricordi i milioni di soldati russi caduti per liberare la loro terra dall’invasione e ricordi i tanti cimiteri della Normandia dove tante lunghe file di croci bianche ricordano le migliaia di giovani venuti dagli Stati Uniti, dal Canada, dal Brasile, dalla Nuova Zelanda, dall’Australia a combattere ed a morire con gli inglesi e francesi per liberare – con l’aiuto della Resistenza – l’Europa intera dal nazifascismo.
Il mio pensiero va in modo particolare a tutti i cremonesi caduti. Essi sognavano la libertà e credevano che la vita senza ideali è ben misera avventura. Io affido a voi cittadini cremonesi il loro messaggio ideale e morale di ricerca di giustizia, di libertà e solidarietà che fu il carattere della Resistenza italiana.
E quando il 25 aprile degli anni a venire voi farete festa, fermatevi sempre, in un momento di raccoglimento, per ricordarli e stringerli in un grande affettuoso abbraccio.
Viva la Resistenza, viva l’Italia.
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25 aprile 2005 Cremona
25 aprile 2005 – 60° anniversario della Liberazione – Cremona
Intervento di Mario Coppetti, presidente dell’ANPI provinciale
Autorità, cittadini cremonesi,
è ancora ben vivo in me il ricordo di quei giorni di fine aprile del 1945 quando i soldati americani arrivarono a Cremona accolti dal tripudio della popolazione in festa. Quei giorni ci portavano la libertà così faticosamente e dolorosamente conquistata, per la quale i partigiani italiani avevano efficacemente collaborato.
Giornata di festa dove liberamente esplodevano sentimenti – per oltre 20 anni repressi – di speranza per un avvenire migliore. Davanti al paese distrutto nelle comunicazioni, nelle industrie, nelle case, davanti a cumuli di macerie, i governi – con l’attiva partecipazione e con l’impegno degli uomini che tanto avevano lottato durante il regime fascista e durante la guerra, con l’aiuto di tutto il popolo – fecero sì che in pochi anni l’Italia poté risollevarsi e divenire uno dei paesi più importanti nel mondo.
Purtroppo, lungo questo impegnativo cammino, in un mondo in cui sempre più trionfa il tecnicismo, in cui tutto si monetizza, sono andati man mano affievolendosi o disperdendosi la passione ideale ed i valori etici.
Oggi come non mai abbiamo perciò bisogno di persone disinteressate volte a impegnarsi con passione in politica il cui scopo non sia quello della conquista del potere ma quello di lavorare per un paese più giusto dove tutti si sentano partecipi della stessa famiglia.
Per realizzare quella società che era nelle aspirazioni dei combattenti della Resistenza, abbiamo bisogno che un rinnovato spirito etico e morale torni ad animare chi si impegna in politica.
Per vincere il clima di indifferenza e di rilassamento morale di sconforto che aleggia nella società attuale, è necessario come non mai che i giovani si impegnino in politica, si interessino dei grandi problemi che stanno davanti a loro – da quelli dell’ambiente in continuo degrado a quello dell’incontrollata esplosione demografica, a quello dei rapporti con altri paesi ed altre religioni. Essi devono convincersi che la società in cui viviamo è come noi la facciamo.
Io ho sempre sostenuto che il 25 aprile deve essere la festa di tutti. Noi ricordiamo oggi la fine della guerra, la riconquista dell’indipendenza e della libertà, la fine di tante, troppe sofferenze. La politica deve rimanere fuori. Ma oggi c’è un punto sul quale, in quanto uno dei pochi sopravvissuti di quel tempo, non posso tacere. Se tacessi, mi sembrerebbe di tradire gli amici, i compagni che sono morti.
Tutti i democratici, la Resistenza, la coscienza del popolo italiano non possono che opporsi con tutta la loro forza, con sdegno, al disegno di legge approvata in commissione difesa del Senato per il riconoscimento della qualifica di militari belligeranti a chi ha prestato servizio militare nella Repubblica di Salò. È un’offesa, un insulto a tutta la Resistenza mettere sullo stesso piano oppressi e oppressori.
Nessuno può chiedere a noi di riconoscere che non c’era nessuna differenza fra coloro che combattevano contro il nazifascismo e chi combatteva in favore, perché da una parte si combatteva per la servitù e dall’altra per la libertà.
Oggi, a distanza di 60 anni dalla fine della guerra, in questo giorno di festa – che ci ricorda il giorno in cui la bandiera tricolore venne issata là in alto sulla cima della nostra grande torre in segno di gioia per la riconquistata libertà – dobbiamo sentirci tutti uniti in quel festoso ricordo, sentire tutti partecipi della stessa comunità, della stessa Patria e lavorare ben il bene comune.
Ma nella nostra gioia non possiamo però non rivolgere un pensiero a tutti quegli uomini che hanno lottato per 20 anni contro la dittatura, che hanno combattuto contro l’insensata ideologia fascista e nazista, ai tanti che per queste idee sono morti e hanno patito terribili sofferenze, delle quali non può rendersi conto chi quel tempo non l’ha vissuto.
Non si uccidono milioni di creature senza ferire l’umanità tutta, non si massacrano centinaia di migliaia di donne e bambini senza spargere una fredda ventata di paura in tutte le case del mondo.
Ed allora, cari cittadini, lasciate a me che quei tempi ho vissuto e che qui quasi certamente per l’ultima volta li ricordo, rivolgere un affettuoso pensiero a tutti quelli che diedero la vita per la nostra libertà. Lasciate che ricordi i milioni di soldati russi caduti per liberare la loro terra dall’invasione e ricordi i tanti cimiteri della Normandia dove tante lunghe file di croci bianche ricordano le migliaia di giovani venuti dagli Stati Uniti, dal Canada, dal Brasile, dalla Nuova Zelanda, dall’Australia a combattere ed a morire con gli inglesi e francesi per liberare – con l’aiuto della Resistenza – l’Europa intera dal nazifascismo.
Il mio pensiero va in modo particolare a tutti i cremonesi caduti. Essi sognavano la libertà e credevano che la vita senza ideali è ben misera avventura. Io affido a voi cittadini cremonesi il loro messaggio ideale e morale di ricerca di giustizia, di libertà e solidarietà che fu il carattere della Resistenza italiana.
E quando il 25 aprile degli anni a venire voi farete festa, fermatevi sempre, in un momento di raccoglimento, per ricordarli e stringerli in un grande affettuoso abbraccio.
Viva la Resistenza, viva l’Italia.