Togliatti a Cremona (su repubblica, religione e voto alle donne)

(Lavoratori in arrivo per la manifestazione con Togliatti nel 1946 - Archivio fotografico Cgil Cremona)

Quel 1946 della Repubblica e della Costituente: a Cremona settanta anni fa (4)

Il segretario nazionale del PCI Palmiro Togliatti parlò due volte alla popolazione cremonese. La prima fu il 26 marzo 1946, nella storica campagna elettorale per la Repubblica e la Costituente che si concluse il 2 giugno. La seconda fu il 10 marzo 1957, amministrative per il Comune di Cremona (fuori turno e che politicamente assumevano anche rilievo nazionale). Ambedue le manifestazioni si possono definire tra le più imponenti della storia cittadina per la partecipazione popolare. Nel suo 70° anniversario parliamo qui della prima, quando a fine marzo ’46 circa 40.000 persone (giunte anche dalla campagna con carretti e biciclette…) riempirono piazza Marconi e le vie adiacenti.
Aprì la manifestazione Giuseppe Gaeta, segretario provinciale del partito comunista, che sottolineò quanto aveva detto Antonio Gramsci davanti al tribunale fascista: voi condurrete l’Italia alla rovina, un giorno saranno i comunisti a salvarla. Ciò si è avverato, proseguì Gaeta, col grande contributo dato dai comunisti alla Liberazione e con quello che essi stanno ora facendo, insieme alle forze sinceramente antifasciste, “per la rinascita della nazione armati di buona volontà, spirito di sacrificio, comprensione dei problemi che angosciano il popolo italiano, con ordine e disciplina, nella legalità…”Tra i diversi argomenti trattati da Togliatti in quel discorso abbiamo scelto di citarne e commentarne tre.

Il primo è il fortissimo sostegno alla scelta perla Repubblica nel referendum. In proposito mostrò come nel 1944 fosse obbligato dalla situazione il rinvio ad un momento successivo della scelta tra monarchia e repubblica. Voler sciogliere il nodo allora portava ad una paralisi operativa e ad incomprensioni con gli Alleati. Bisognava invece dare forza e unità alla Resistenza e partecipare alla guerra per sconfiggere il nazifascismo e cacciare i tedeschi. Ci siamo riusciti ed è giunto il momento in cui il popolo è chiamato a compiere quella scelta. Non è solo un problema istituzionale per cui siamo convinti che la repubblica è forma superiore alla monarchia. È che la monarchia italiana si è dimostrata complice e corresponsabile del fascismo e dei suoi misfatti ed oggi è ancora un ostacolo al dispiegarsi delle libertà democratiche. Il fascismo è partito da parti progredite d’Italia. “In queste campagne che stanno intorno a Cremona, Mantova, Bologna, Ferrara, Reggio Emilia, attraverso una lotta di qualche decennio i lavoratori erano riusciti, creando le loro organizzazioni, a conquistarsi un più alto livello di benessere, a diventare degli uomini mentre prima erano considerati soltanto strumenti di lavoro. Questo ha suscitato la collera di gruppi reazionari capitalisti ed agrari che non comprendono che l’aumento del benessere dei lavoratori è nell’interesse di tutta la nazione italiana (…). Queste caste dirigenti non volevano limitare i loro privilegi, i loro profitti, le loro posizioni di potere tenute da secoli dal comune allo Stato”. Avevano paura del fatto che i milioni di uomini che vivono del loro lavoro prendessero in mano la direzione della cosa pubblica, così scatenarono i movimenti fascisti e dettero loro il potere e furono con loro in tutto ciò che ne conseguì. La monarchia ebbe la responsabilità e le possibilità, per la fonte di potere che rappresentava, di legittimare tutto ciò.

Il secondo argomento è la religione. All’epoca la Chiesa interveniva direttamente nella lotta politica. Togliatti pone un’altra riflessione: “il movimento della redenzione dei lavoratori della valle del Po è stato tanto socialista quanto cattolico, vi sono state delle leghe rosse e vi sono state delle leghe bianche (…), quando esse hanno lottato le une contro le altre ciò è andato a scapito soprattutto dei lavoratori”. C’è bisogno di una Repubblica in cui tutte le forze del lavoro siano unite così come lo sono state le forze che hanno condotto la lotta di Liberazione. Ci opponiamo al fatto che venga agitato un problema della religione, “è insulsa l’accusa che si fa al nostro partito di condurre una lotta contro la religione”. Da noi non viene lanciata nessuna parola che offenda la coscienza religiosa di un lavoratore; non esiste alcun contrasto tra gli obiettivi di lotta e di progresso sociale che indichiamo di perseguire insieme e la fede religiosa. “Noi rispettiamo la religione e non facciamo nulla che possa essere contrario alla coscienza religiosa degli italiani”. Tra noi e la DC vi possono essere e vi sono contrasti che riguardano il modo per combattere le ingiustizie economiche e sociali, o il problema della terra a chi la lavora, o la punizione dei fascisti che hanno commesso infiniti delitti (“Io desidero – dice Togliatti in proposito – la giustizia più pronta e più severa”). Su queste cose si discute ma nel governo “non abbiamo mai discusso un problema che avesse relazione con la religione, mai”, né io con proposte di contrasto né De Gasperi in difesa. Da un punto di vista ideale il socialismo che vogliamo “non è in contrasto con la coscienza religiosa. È l’ideale di una società fondata non sull’egoismo (…) bensì sulla solidarietà, sulla fraternità, sull’eguaglianza” sul rispetto per i diritti del lavoro. Agitare ed usare un problema di fede religiosa è in contrasto con l’unità popolare e dei lavoratori ed è fortemente negativo nella lotta politica in preparazione della Costituente oggi in atto in Italia. Non può oggi dire che è “peccato” votare per il PCI chi non ha a suo tempo giudicato come “peccatori” i gerarchi del fascismo per il loro operato.

Infine riprendiamo da quel denso discorso la sottolineatura dell’importanza del voto delle donne, finalmente esercitato come diritto nel 1946. Il PCI è stato alla testa, rivendica Togliatti, senza timori ed esitazioni, di questa sacrosanta battaglia e conquista democratica. Le donne si sono conquistate questo diritto per tanto tempo negato. Va anche detto, che “le donne, risvegliate alla vita politica dal socialismo, oggi hanno maturato nei vent’anni della tirannide, una coscienza politica più elevata (…): comprendono il loro dovere, vanno a votare (…) e sanno che in questo modo contribuiscono al rinnovamento dell’Italia”.

La manifestazione si concluse, in modo commovente, con le parole del piccolo Ravasio, bambino torinese che rappresentava i tanti bambini ospiti della solidarietà di famiglie cremonesi verso famiglie le più colpite dalla guerra in altre zone del Paese.

(A cura di Giuseppe Azzoni)

1 – 1946: Una ANPI prestigiosa, unita ed attiva

2 – L’epurazione (dal tribunale del CLN all’amnistia)

3 – Nei Comuni si torna a libere elezioni (è anche il primo voto per le donne)

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