1948 – 2018: 70° della Costituzione italiana – 4

Pochissimi hanno diritto di voto per la Camera

Elemento decisivo di novità nello Statuto albertino del 1848 era stata la Camera dei deputati che, pur con evidenti limiti, concorreva al potere legislativo ed influiva sulla scelta del governo e del Presidente del Consiglio. Dunque accanto alla Corona c’era un potere elettivo che concorreva alle scelte nazionali. Aggiungo che, parallelamente, veniva rafforzandosi un potere decentrato nei municipi, limitato ma anch’esso elettivo. Questo aveva radici storiche profondissime e si manifestava nei consigli comunali eletti dai cittadini (i sindaci erano ancora di nomina regia, presto saranno designati nei consigli stessi). Sulle regole elettorali lo Statuto rimandava alle leggi. (L’art. 83 disposizione transitoria, riservò per poco al re le leggi elettorali comunali).

E nelle leggi elettorali, cioè nella effettiva rappresentanza popolare per la Camera e per i consigli comunali, troviamo una contraddizione ed un limite sostanziale.

L’art. 24 dello Statuto stabiliva che tutti sono eguali di fronte alla legge e che “tutti godono egualmente i diritti civili e politici”. Ma la legge elettorale era ben diversa. Intanto metà della cittadinanza, le donne, rimaneva esclusa dal voto (e lo sarà fino alla Liberazione del 1945). Potevano votare solo i maschi benestanti, quelli con un censo elevato, con un patrimonio e redditi imponibili tali da pagare almeno 40 lire di imposta diretta. Nel 1861 essi erano il 2% della popolazione del Regno d’Italia. Nel 1882 ci sarà una riforma elettorale che porterà a circa il 7% gli aventi diritto: veniva dimezzato il censo ma si introduceva il grado di istruzione, ed allora l’analfabetismo era altissimo per cui si migliora un po’, ma la rappresentanza è sempre negata ai ceti popolari. Ancora nel 1909 aveva diritto al voto solo il 10% della popolazione. Va anche detto che se questo diritto di voto fosse davvero dipeso dal pagamento delle tasse anche i poveri le pagavano e come, sotto forma di dazi, di tassa sul macinato e di cento altri balzelli.

Il diritto di voto fu concesso a tutti solo in occasione dei plebisciti, in cui le popolazioni dei precedenti stati votarono Sì alla adesione al Regno d’Italia.

Il diritto al voto per tutti (i maschi) rimarrà a lungo elemento di scontro tra le forze politiche e verrà finalmente conseguito nel 1913, con Giolitti presidente del Consiglio. La democrazia in Italia respirava ma iniziava anche un percorso politico che l’avrebbe soffocata. E tra le cause ci furono anche i limiti dello Statuto e come esso fu disatteso da parte del re Vittorio Emanuele III.

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1. Lo Statuto di Carlo Alberto e la sua vicenda storica

2. La Costituzione della Repubblica Romana ed i primi articoli di Carlo Alberto

3. Sulla separazione dei poteri un limite che avrà gravi conseguenze

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